martedì 28 maggio 2013

Le pulci e i pidocchi

Alcune note a margine del convegno del 25-5, a Roma, sull’euro e sulla crisi, organizzato dal Comitato NO DEBITO.

Una premessa dal romanzo di Irvin D. Yalom Le lacrime di Nietzsche:
«Il problema», replicò Freud, «è che nessuna delle diagnosi spiega tutti i sintomi».
«Sig[mund]», ribatté Breuer, alzandosi e parlando in tono confidenziale, «ti svelerò un segreto del mestiere. Un segreto che un giorno, in qualità di medico consulente, sarà il tuo pane. L'ho appreso da Oppolzer, che una volta mi ha detto: "I cani possono avere le pulci e anche i pidocchi"».


«Intendendo dire che il paziente può...»
«Proprio così», concluse Breuer, mettendogli un braccio sulle spalle. Dopo di che i due uomini si avviarono per il lungo corridoio. «Il paziente può avere due disturbi. In effetti, di norma è così ...
Un tema più volte trattato nel convegno "Unione Europea, crisi democratica e crisi economica”, è quello ben illustrato da Alberto Bagnai sulle aree valutarie ottimali e sull'euro che non funziona e non poteva funzionare (o almeno non funziona per gli scopi dichiarati, aggiungerei). E il discorso di Bagnai appare decisamente ragionevole.

Ma Moreno Pasquinelli approfondisce e dice che la crisi è più generale ed è di tutto il capitalismo.

Il discorso di Pasquinelli è ben dettagliato sul blog Sollevazione.

Cito:
nella copiosa produzione di Bagnai, a cominciare da “Il tramonto dell’euro”, per quanto possa sembrarvi paradossale non troverete mai il concetto di “crisi del sistema capitalistico”. Il fatto che ciò lo accomuni allo schieramento bipolare degli economisti mainstream divisi, così si dice, tra ortodossi ed eterodossi, non rende meno grave questa spaventosa deficienza. Una prova lampante che tutti costoro, liberisti e pseudo-keynesiani, pur accapigliandosi, si basano sul medesimo paradigma, la cui genetica caratteristica è quella di dare per scontato che quello capitalistico non è un sistema storicamente determinato, con contraddizioni sue proprie, bensì destinato ad essere eterno. Tutt’al più esso conoscerebbe solo “squilibri”, quindi essi si dividono solo sulle terapie: su come detti squilibri necessariamente momentanei debbano essere superati.

senza una teoria generale non si va lontano, e senza questa non possiamo spiegarci la malattia congenita che affligge il sistema capitalistico, quindi non avremo alcuna terapia degna di questo nome.
Anche il discorso di Pasquinelli appare ragionevole, anzi appare decisamente più ampio.

Interviene infine Giulietto Chiesa e chiarisce che il problema è ben più serio, non è semplicemente una crisi del capitalismo, ma esso segnala il raggiungimento dei limiti dello sviluppo. Il riferimento è al rapporto "I limiti dello sviluppo" commissionato al MIT dal Club di Roma e pubblicato per la prima volta nel 1972 (in seguito è stato pubblicato un aggiornamento del rapporto).

Bisogna imparare a convivere con il concetto di limite, dice Giulietto. Lo sviluppo non è più possibile. Se non vogliamo la guerra serve la decrescita.

Quello di Chiesa appare il discorso più coerente e profondo di tutti, ne vediamo quotidianamente delle evidenze (per esempio con le alterazioni climatiche).
La decrescita è ormai obbligata. Il lungo carnevale del consumismo sta finendo.

Eppure la decrescita sembra giustificare le politiche di austerity che Bagnai giustamente critica, perché derivano da scelte concettualmente errate. Strano, a me sembra che il ragionamento di Bagnai spieghi bene perché si deve rifiutare l'austerity.

Ritorniamo alla citazione iniziale: "Il cane può avere le pulci e anche i pidocchi".
Significato: molto spesso nei malati non si trovano i sintomi di un'unica malattia, ma di più malattie combinate. Questo ai medici principianti crea problemi seri, perché si intestardiscono nel voler ricondurre tutto ad una sola malattia.

Ma se per il prurito di un cane può essere conveniente considerare insieme due diverse cause, figuriamoci se può bastare un solo fattore causale per spiegare l'attuale crisi economico-politica, che sembra avere caratteristiche epocali. Sarebbe addirittura ingenuo pensare ad una sola spiegazione.

In pratica, mi appare perfettamente possibile che il capitalismo reale sia in una delle sue crisi, come pure mi appare possibile, in contemporanea, che l'euro sia un errore colossale nei termini descritti da Bagnai. Ed è pure possibile che almeno alcuni limiti dello sviluppo siano stati raggiunti.

Può darsi che la malattia dell'euro sia opportunista, che sfrutti una situazione difficile dell'organismo aggredito, creata da una crisi del capitalismo. E la crisi del capitalismo si potrebbe innestare su una generale crisi di civiltà.

La mia proposta è levare le pulci e i pidocchi, cominciando dal più facile.

Parlando fuori metafora, servono azioni puntuali, valori di riferimento, obiettivi strategici e pressione continua sul sistema politico.

Se lo sviluppo infinito non c'è più bisogna puntare a una visione ecologica della politica, dove contino i rapporti umani e l'uso del proprio tempo più che il denaro. Una visione che sia anche etica.

Una volta impostata una visione della politica orientata all'equilibrio con l'ambiente circostante, si potrà proporre un'alternativa al capitalismo dove non si lavori per il solo denaro, ma soprattutto per dare un senso alla propria vita. Qui si potrebbe riscoprire anche il valore dell'ozio.

Secondo me nella decrescita ci sono ampi spazi per la felicità.
Vale la pena di fare almeno un esempio: una volta in una famiglia bastava che lavorasse il capofamiglia per sostenere moglie e molti figli. Oggi si deve lavorare tutti e due, per orari sempre più lunghi, per guadagnare il denaro necessario. E spesso serve un secondo lavoro.
Perché il denaro non basta mai in una società basata sul denaro.

E invece bisogna tornare al valore del tempo al posto del valore del denaro. Stare più tempo con la famiglia, o con gli amici, invece che a lavorare. E lavorare con lentezza, per produrre bene qualcosa di utile e duraturo, non per fare cassa.

Insomma, il denaro non dà la felicità, si sa, e in una società dove il denaro conta di meno si può essere più felici.

La decrescita triste degli economisti deve diventare una decrescita felice alla Pallante (ricordo che l'economia era definita "la scienza triste", sarebbe ora di pensare a qualcosa di più divertente).

E nel frattempo ci si coalizza per uscire dall'euro, come primo passo del progetto politico. Anche perché se restiamo stritolati dall'austerity non avremo un futuro in cui fare altro.

Ricordando poi che un eventuale "euro del sud" (o euro dei PIIGS) mantiene tutte le tare che hanno portato al fallimento dell'euro attuale. Servono valute nazionali.

Non sarà facile, ma non abbiamo molte scelte. L'unica cosa che abbiamo da perdere è una sofferenza infinita.

E comunque l'esempio delle pulci e dei pidocchi come paradigma della crisi attuale, mi fa tornare in mente una vecchia frase: "L'imperialismo è una tigre di carta". Si può sconfiggere.

Truman

lunedì 27 maggio 2013

Il lungo carnevale del consumismo

La sera del martedì grasso terminava il carnevale e cominciava la Quaresima.

Come molti riti cristiani, il carnevale era una rielaborazione di riti arcaici precedenti.
Oggi, con la passione per lo spettacolo che abbiamo assimilato dopo decenni di infotainment, guardiamo più allo spettacolo del carnevale che al resto, ma esso riprendeva lo sfrenato abbandono dell'orgia: per tre giorni si perdeva il senso della misura e tutto era lecito, anzi tutto doveva essere esagerato, smisurato, fuori dall'ordinario ("A carnevale ogni scherzo vale").

Ma alla sera del martedì grasso finiva l'ansia della festa e si tornava alla norma. Molti apprezzavano il ritorno alla tranquillizzante normalità. Il carnevale era anche fatica.

In questi tempi sta terminando il lungo carnevale del consumismo, ma molti ancora non lo vogliono capire, cominciavano a credere che sarebbe durato all'infinito. Fanno come i bambini, che quando il gioco finisce, frignano, si oppongono, non vogliono calmarsi.

Ma era solo un lungo carnevale. Siamo alla sera del martedì grasso.
Domani comincia la Quaresima. (Un'epoca di quaresima).



martedì 30 aprile 2013

Governo Letta: tassazione senza rappresentanza

Dopo una campagna elettorale basata, sia da parte PD che da parte PdL, sul nemico (il giaguaro da smacchiare per il PD e il pericolo comunista o le toghe rosse per il PdL) arriva il governo dell'inciucio, dove quelli che si erano presentati come nemici si manifestano invece come alleati.


I temi della campagna elettorale evaporano come neve al sole, e il neonato governo del bastone si appresta a massacrare il popolo con una valanga di nuove tasse, mentre dichiara di fare il contrario.

La neolingua di Orwell in questo caso si applica alla perfezione. Si parla di aiuti all'Italia e si intende aiuti alle banche. Si parla di responsabilità e si intende scaricare sul popolo le ruberie della casta.

Si evidenziano comunque alcune tendenze e si possono prospettare alcune azioni.


Lo scudo a Berlusconi

Una delle prime azioni dell'esecutivo sarà fornire a Berlusconi lo scudo definitivo contro i giudici che egli sicuramente ha messo come condizione per il proprio appoggio. A breve vedremo qual è la soluzione trovata. Una potrebbe essere la nomina a senatore a vita, con la prospettiva successiva di un incarico di maggior prestigio (presidenza della repubblica).


The show must go on

La sensazione che arriva dai media è che ad ogni costo bisogna tenere la scena. Ciò è ancora più importante quando non si ha niente da dire.

Bisogna evitare che gli spettatori vadano via (anche metaforicamente, evitare che si distraggano dalla recita e comincino a pensare con la propria testa).

Quindi continua la valanga di talk show di politica dove tutti i teatranti a turno parlano di argomenti inessenziali. Riforme, responsabilità, emergenza, concertazione, sono parole che si possono usare tranquillamente, perché ormai da tempo sono state svuotate di significato. Europa da citare sempre in termini positivi.

A volte servirà fare qualche promessa, che comunque verrà smentita al momento buono (es. abolizione dell'IMU).


La legge elettorale

La legge elettorale è uno degli argomenti di cui si parlerà molto. Non è un argomento pericoloso, perchè tanto non si farà. Non si può fare una legge elettorale se prima non si sa come tener fuori il M5S, o almeno minimizzare la sua presenza in Parlamento. Ma i numeri cambiano in continuazione e la soluzione per far fuori il M5S è ancora da trovare.

Quindi la legge elettorale si farà subito prima dello scioglimento delle camere. Nel frattempo partirà la fabbrica del fango, per cercare di coprire di sterco chiunque aderisca al M5S.



La strategia del bromuro

Nel frattempo per il dissenso si privilegia la strategia del bromuro rispetto all'abusata strategia della tensione. Il dissenso viene minimizzato, viene considerato gesto individuale di esaltati. A nessun costo bisogna ammettere che ormai la disaffezione verso i partiti di governo nella popolazione è totale.

La tecnica è collaudata, spettacolo al posto del lavoro. Per chi non si accontenta c'è il gratta e vinci. E se anche questo non basta si alzerà il livello della musica.

Sperando che il popolo non si ricordi di quando la tassazione senza rappresentanza portò ad una rivoluzione.



Economia, economia, economia

Nei talk show si continuerà a parlare diffusamente di economia, che andrebbe intesa invece come monetarismo. Nel pensiero unico del governo delle banche l'unico modo di governare l'economia è il monetarismo, quindi si discuterà all'infinito di come sostenere i consumi con manovre puntuali.

Si accennerà anche alle due versioni del monetarismo, quella USA, che prevede di stampare denaro all'infinito, e quella europea basata sull'austerità. Si farà così finta di mostrare più punti di vista (dando chiaramente ragione alla fine al modello europeo, ma con qualche correzione in base all'esperienza degli USA).

E' ormai dimenticata la politica economica, quella ben studiata da Federico Caffè, che si poneva in un'ottica anche a lungo periodo, per vedere come le azioni governative pilotavano le attività produttive. La scusa è che senza la possibilità di manovrare la leva del cambio non c'è il controllo dell'economia.

In realtà la leva del cambio della moneta è solo una delle azioni si cui il governo può agire. Non è difficile capire che intervenendo sui fondamentali: agricoltura, industria, scuola, sanità, il denaro speso resta in Italia e la quantità di circolante è ben superiore a quella che si ha sostenendo i consumi. Insomma è alla base della catena produttiva che bisogna intervenire, non nella fase finale dell'acquisto. Anche se numerose restrizioni sono imposte da quel consorzio di banche detto Europa, restano numerose possibilità di manovra. Un esempio sono gli incentivi al fotovoltaico.

Ma ai nostri governanti questo non interessa, loro lavorano per le banche.

mercoledì 24 aprile 2013

Il presidente di garanzia

E' stato eletto Napolitano, l'unico nome che oggi riusciva a garantire le rendite finanziarie contro il popolo italiano.




La decisione era urgente, bisognava evitare che il popolo vedesse che era facile trovare un nome che rappresentasse l'unità della nazione secondo il dettato costituzionale (esempi Rodotà e Zagrebelsky) e forzare ad un risultato che difendesse la casta. Il risultato è stato un plebiscito, e dal punto di vista scacchistico si configura come un arrocco, potente mossa che è contemporaneamente di attacco e difesa, e scompagina la situazione.


Sotto altri aspetti il risultato è da film dell'orrore, rappresentabile con film di King o Romero ("a volte ritornano" oppure "la notte dei morti viventi").




Le istanze di rinnovamento hanno perso, ma quel coacervo di interessi che si concentra intorno agli strozzini di Goldman Sachs e a quel consorzio di banche comunemente chiamato Europa, è adesso in seria difficoltà.



Grillo è riuscito a colpire la strategia del nemico e le sue alleanze. Sun Tsu insegna che adesso sono da abbattere le fortezze. Si può fare.

La strategia della casta era basata sull'inciucio sempre presente ma non visibile, su due partiti sostanzialmente alleati e formalmente nemici. Oggi sono costretti ad apparire per quello che sono, come alleati. Sono nudi.

E il re nudo è molto vulnerabile.


Il popolo ancora una volta ha perso e le sue richieste di giustizia sono state ancora una volta negate.

Vale la pena di ricordare Henning Mankell:

Il concetto di giustizia non significa solo che le persone che commettono reati vengano condannate. Significa anche non arrendersi mai. (Assassino senza volto, Marsilio 2001, p. 357)


Non ci arrenderemo mai.

Anzi...

martedì 26 marzo 2013

Lo stallo italiano e la governabilità



Dicono (i mass media e l'establishment) che in Italia c'è un problema di legge elettorale, ma il problema che essi vedono non è che il porcellum sputa sulla Costituzione, impedendo l'elezione diretta dei propri rappresentanti (artt. 56 e 58 ) (1).

No, il problema che essi vedono è la cosiddetta governabilità.

Eppure con quattro grandi coalizioni non ha senso che ad una venga data la maggioranza assoluta, perché in tale caso il premio di maggioranza diventa spropositato (come è già successo alla Camera) (2).

Oggi bisogna fare alleanze per governare. Ma questa non è una novità sconvolgente. Per decenni abbiamo avuto molti partiti (durante la cosiddetta "prima repubblica") e ricordo addirittura un governo pentapartito.

Certo, un volta la formazione dei governi era laboriosa, ma non si gridava alla "ingovernabilità" come ora.

Forse perché i partiti di una volta avevano un'identità propria, mentre i maggiori partiti di oggi si identificano tramite il nemico: per il PD il nemico è il malefico Berlusconi, per il PdL sono i comunisti, i giudici, i sindacati.

Il bipolarismo ha spinto insomma ad una recita politica, dove l'elemento focale è lo scontro con il partito avverso, il quale viene demonizzato (viene considerato la fonte di tutti i mali). Ciò avveniva anche prima con il proporzionale, ma in misura decisamente inferiore. Evidentemente oggi è molto difficile allearsi con il partito che per lungo tempo si è demonizzato.

La cosa notevole è che anche Grillo rientra in questa logica, il M5S si identifica per i suoi nemici più che per i suoi programmi. (E' sintomatico l'attacco di Grillo all'art. 67 Cost. per mostrare come M5S sia in sostanza una variante della partitocrazia esistente.)

In definitiva il porcellum ha molti difetti, ma il problema della "governabilità" dipende dai partiti e dalla spettacolarizzazione (e personalizzazione) della politica, non dalla legge elettorale. Contano troppo le facce, in particolare quelle dei nemici e poco i programmi. I partiti sono a vuoto d'idee e agitano figurine.

Ma il concetto stesso di “governabilità" ha degli aspetti discutibili, che conviene approfondire.

Il mito della governabilità non si capisce se non ci si rende conto che in democrazia governare vuol dire rappresentare, mediare, ragionare, misurare, pensare, pianificare. E anche decidere. (3)

Tutte queste operazioni richiedono tempo e collaborazione tra vari attori sociali. Si, la democrazia può essere lenta e faticosa.

La governabilità come la raccontano i giornali riguarda invece l'obbedienza rapida e supina a ordini (o diktat) che arrivano da fuori. Da fuori del sistema politico e spesso da fuori dell'Italia intendo.

Si vogliono dei politici che si comportino come servi o schiavi, i quali non hanno il tempo di valutare o negoziare, ma devono fare rapidamente ciò che vuole il padrone.

Insomma governabilità vuol dire l'asservimento di uno stato a interessi stranieri (cioè estranei allo Stato), i quali pretendono di essere superiori allo Stato.

Si parla di governabilità perché non c'è più la sovranità. Le persone che dovrebbero rappresentare la sovranità popolare si comportano come dei servi. Questo dicono i mass media.


Note:
(1) Art. 56: La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto. (...)

     Art. 58: I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età. (...)
(2) Con il 29,3 % dei voti validi il centro sinistra ha preso 345 seggi su 630, cioè il 54,8 %. In pratica il premio ha raddoppiato i seggi assegnati. (Sono considerati anche i seggi estero).
(3) Etimologicamente "decidere" mi suona come "tagliare". E oggi questa visione sembra prevalere.

lunedì 25 febbraio 2013

Ritorno a Piazza S. Giovanni


La chiusura a Roma dello tsunami tour

Anni fa (ottobre 2010) ero in questa stessa piazza per la manifestazione della FIOM-CGIL, a guardare il popolo in piazza per esprimere il proprio malessere di vivere in un paese devastato.

Il popolo senza partito” avevo chiamato questa folla spaurita e smarrita.

Oggi la devastazione è andata avanti, le facce sono ancora più stanche e preoccupate.

Ma ci sono importanti cambiamenti: uno sono i giovani. Essi sembravano spariti dalla politica, adesso sono in piazza con gli altri. Noto anche diversi cani. Aumentano il senso di comunità e familiarità della piazza.

L’altro importante cambiamento è che adesso il partito c’è. Compare la speranza.

E’ la prima volta che non mi sento impotente” afferma un oratore sul palco.

Dal palco risuonano in continuazione articoli della Costituzione: Artt. 2, 3 , 11, illustrati con riferimento alla vita delle persone. Senza le istrionerie di un Benigni si raccontano le nostre leggi fondamentali e la loro applicazione. E la gente ascolta con calma.

A guardare la TV si sarebbe pensato ad un furibondo show di Grillo, invece si vedono oratori tranquilli e gente che ascolta con attenzione.

Alle 19.30 la piazza è piena con le vie laterali.
Nel frattempo i candidati espongono le loro idee. Molte buone intenzioni e pochi programmi. Spesso si sentono frasi brevi con tono di slogan. Certamente il tempo a disposizione di ciascuno è breve.

Va notato che a Roma si vota anche per la regione, il che conferisce particolare importanza al voto, anche per un possibile effetto di sinergia tra il voto statale e quello regionale.

Alle 20.30 ancora Grillo non si vede. Arriva finalmente alle 20.50.

Parla bene, forse urla troppo, ma la piazza apprezza. Una frase in particolare mi sembra degna di nota: “La politica deve essere una visione a due generazioni, non a due legislature”, intendendo che il politico deve pensare a come vivranno i suoi figli e al Paese che lascerà loro. Questo dice l’antipolitico Grillo.

Va bene, molte persone hanno ormai deciso, hanno abbandonato il vecchio partito, le vecchie convinzioni, a volte diverse amicizie, e si sono imbarcati nell’avventura.

Alea iacta est”. Si marcia su Roma.

Truman

23.02.2013